Parlamento: differenze tra le versioni
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Il termine ''parlamento'', come variante del più comune ''parlare'', è utilizzato da alcuni grammatici di età rinascimentale come etichetta per identificare sia il '''discorso''' nel suo complesso che la '''frase complessa''', in quanto entità sintattica dotata sia di grammaticalità che di compiutezza, in alternativa a termini come ''oratione'', ''periodo'' o ''costruzzione''. | Il termine ''parlamento'', come variante del più comune ''parlare'', è utilizzato da alcuni grammatici di età rinascimentale come etichetta per identificare sia il '''discorso''' nel suo complesso che la '''frase complessa''', in quanto entità sintattica dotata sia di grammaticalità che di compiutezza, in alternativa a termini come ''oratione'', ''periodo'' o ''costruzzione''. | ||
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Poggiogalli (1999: 338) definisce ''parlamento'' come “discorso; unità minima del discorso, frase”, rimarcando che esso non risulta registrato nel GDLI. Il termine si innesta in un momento storico nel quale la nozione di periodo appare “indefinita, priva di distinzione rispetto a quella di frase” (Poggiogalli 1999: 6), probabilmente anche per influenza della tradizione latina, nella quale il termine ''oratio'' poteva indicare indifferentemente sia il discorso nel suo complesso che l’unità minima dotata di senso compiuto. | Poggiogalli (1999: 338) definisce ''parlamento'' come “discorso; unità minima del discorso, frase”, rimarcando che esso non risulta registrato nel GDLI. Il termine si innesta in un momento storico nel quale la nozione di periodo appare “indefinita, priva di distinzione rispetto a quella di frase” (Poggiogalli 1999: 6), probabilmente anche per influenza della tradizione latina, nella quale il termine ''oratio'' poteva indicare indifferentemente sia il discorso nel suo complesso che l’unità minima dotata di senso compiuto. | ||
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Tra i grammatici del periodo, l’uso più marcatamente metalinguistico del termine appartiene a Lodovico Dolce e Girolamo Ruscelli. | Tra i grammatici del periodo, l’uso più marcatamente metalinguistico del termine appartiene a Lodovico Dolce e Girolamo Ruscelli. | ||
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^ '''Poggiogalli''', D. (1999), ''La sintassi nelle grammatiche del Cinquecento.'' Firenze: Accademia della Crusca. | ^ '''Poggiogalli''', D. (1999), ''La sintassi nelle grammatiche del Cinquecento.'' Firenze: Accademia della Crusca. | ||
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''circuito'', ''constructio'', ''distinctio'', ''membrum'', ''oratio'', ''parlare'', ''sententia''. | ''circuito'', ''constructio'', ''distinctio'', ''membrum'', ''oratio'', ''parlare'', ''sententia''. | ||
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'''Lodovico Dolce, ''Osservationi nella volgar lingua'' (1550), 12r''': “'''Parlamento''' è di più parole insieme pieno e intero sentimento del pensiero e concetto nostro: come, ''Humana cosa è l’haver compassione a gli afflitti'', e ''Ahi null’altro, che pianto, al mondo dura''. Overo diremo; '''parlamento''' è certa catena di parole acconciamente ordinate.” | '''Lodovico Dolce, ''Osservationi nella volgar lingua'' (1550), 12r''': “'''Parlamento''' è di più parole insieme pieno e intero sentimento del pensiero e concetto nostro: come, ''Humana cosa è l’haver compassione a gli afflitti'', e ''Ahi null’altro, che pianto, al mondo dura''. Overo diremo; '''parlamento''' è certa catena di parole acconciamente ordinate.” | ||
Versione delle 08:46, 28 ott 2025
Il termine parlamento, come variante del più comune parlare, è utilizzato da alcuni grammatici di età rinascimentale come etichetta per identificare sia il discorso nel suo complesso che la frase complessa, in quanto entità sintattica dotata sia di grammaticalità che di compiutezza, in alternativa a termini come oratione, periodo o costruzzione.
Storia degli studi[modifica | modifica sorgente]
Poggiogalli (1999: 338) definisce parlamento come “discorso; unità minima del discorso, frase”, rimarcando che esso non risulta registrato nel GDLI. Il termine si innesta in un momento storico nel quale la nozione di periodo appare “indefinita, priva di distinzione rispetto a quella di frase” (Poggiogalli 1999: 6), probabilmente anche per influenza della tradizione latina, nella quale il termine oratio poteva indicare indifferentemente sia il discorso nel suo complesso che l’unità minima dotata di senso compiuto.
Anche Cotticelli (2025c), Fornara (2013) e Righi (2025) collocano il termine nel medesimo contesto di descrizione sintattica della lingua, quale esempio di una tendenza, comune a vari autori della tradizione rinascimentale italiana, di innovazione metalinguistica rispetto alla terminologia consolidata di matrice latina. La rinnovata attenzione per la necessità di definire in modo preciso i confini sintattici della frase appare legata a doppio filo all’analisi sulla punteggiatura compiuta, il cui presupposto è proprio la scansione sintattica del discorso.
Tra i grammatici del periodo, l’uso più marcatamente metalinguistico del termine appartiene a Lodovico Dolce e Girolamo Ruscelli.
Attestazioni di Parlamento[modifica | modifica sorgente]
Il termine compare con un uso tecnico nei seguenti autori:
- Lodovico Dolce (1508/1510 – 1568)
- Girolamo Ruscelli (1518 ca. – 1566)
Significati e usi di Parlamento[modifica | modifica sorgente]
Parlamento come “discorso”
· L. Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 35v.
· G. Ruscelli, De’ Commentarii della lingua italiana (1581), 528.
Parlamento come “frase” o “frase complessa”
· L. Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 12r.
· L. Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 12r-12v.
· L. Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 25v.
· L. Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 45v.
· G. Ruscelli, De’ Commentarii della lingua italiana (1581), 75.
· G. Ruscelli, De’ Commentarii della lingua italiana (1581), 192.
Riferimenti[modifica | modifica sorgente]
Riferimenti PRIN[modifica | modifica sorgente]
^ Cotticelli-Kurras, P. (2025a), “Percorsi trasversali nella grammaticografia rinascimentale: Melantone, Linacre, Giambullari”. Il ruolo del metalinguaggio nelle nuove grammatiche nazionali e missionarie. Atti del workshop PRIN 2022 (Verona, 16–17 settembre 2024). Ed. by P. Cotticelli-Kurras, F. Righi. Roma: Il Calamo, 41–72.
^ Cotticelli-Kurras, P. (2025b) “Interpunzione come partitura testuale e articolazione sintattica, Le prime grammatiche del volgare italiano”. Amicorum munus. Per Guglielmo Bottari, a c. di G.C. Alessio - A.M. Babbi - V. Fera - D. Losappio, Venezia: Centro di Studi Medioevali e Rinascimentali «E.A. Cicogna», 2025.
^ Cotticelli-Kurras, P. (2025c), “Theoretische Ansätze zur Grammatikschreibung der Volkssprachen: der Fall der italienischen Syntax und ihrer Metasprache in der Renaissance”, XXXIV. Internationales Kolloquium des Studienkreis „Geschichte der Sprachwissenschaft“(SGdS, Atene, 2-4 ottobre 2025.
^ Righi, F. (2025), “The ‘panther’ of syntax between grammar and publishing. The case of Gaetano Tizzone and his Grammatica volgare”, Beiträge zur Geschichte der Sprachwissenschaft …, In press.
Altri riferimenti[modifica | modifica sorgente]
^ Battaglia, S., poi G. Bàrberi Squarotti (a c. di), Grande dizionario della lingua italiana, Torino: UTET, 1961-1998.
^ Fornara, S. (2004), “La sintassi nel Cinquecento italiano tra grammatica e retorica”. Fortuna e vicissitudini di concetti grammaticali. Ed. by G. Graffi. Padova: Unipress, 45–60.
^ Fornara, S. (2013), La trasformazione della tradizione nelle prime grammatiche italiane (1440–1555). Roma: Aracne.
^ Poggiogalli, D. (1999), La sintassi nelle grammatiche del Cinquecento. Firenze: Accademia della Crusca.
Voci correlate[modifica | modifica sorgente]
circuito, constructio, distinctio, membrum, oratio, parlare, sententia.
Testi[modifica | modifica sorgente]
Lodovico Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 12r: “Parlamento è di più parole insieme pieno e intero sentimento del pensiero e concetto nostro: come, Humana cosa è l’haver compassione a gli afflitti, e Ahi null’altro, che pianto, al mondo dura. Overo diremo; parlamento è certa catena di parole acconciamente ordinate.”
Lodovico Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 12r-12v: “Le parti, che necessariamente entrano nel PARLAMENTO, (benché al Fortunio paresse di ristringerle in quattro) sono pure; come l’hanno i Latini; otto: due principali NOME, e VERBO. Le quali sì fattamente alle altre signoreggiano, che elle a guisa di serve lor sempre stanno a canto, e da quelle non s’allontanano mai. L’altre sono PRONOME, PARTICIPIO, AVVERBIO, PREPOSITIONE, INTERGETTIONE, et CONGIUNTIONE.”
Lodovico Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 25v: “VERBO è parte principale e più nobile del parlamento; senza il quale le altre parti, a guisa di corpo senza anima, rimarrebbono morte, né potrebbono haver sentimento alcuno.”
Lodovico Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 35v: “Mettesi [ci] alle volte nel parlamento in certa maniera, che par di soverchio, ma non senza vaghezza: come. Natural cosa è di ciascuno, che ci nasce.”
Lodovico Dolce, Osservationi nella volgar lingua (1550), 45v: “Questa è parte, che va incatenando, & ordinando il parlamento: onde è detta Congiuntione.”
Girolamo Ruscelli, De’ Commentarii della lingua italiana (1581), 75: “Queste due parti, cioè i nomi, & le operationi, possono per se stesse formar parlamento intero, & finito, senza bisogno d'altro aiuto. Percioche dicendo, Iddio creò il mondo, L'huomo dee amare Iddio, Gli Angeli informano, & muovono i cieli, Le piante crescono, & vivono, Il ferro taglia, & così d'ogn’altro, sono parlamenti interi & finiti.”
Girolamo Ruscelli, De’ Commentarii della lingua italiana (1581), 192: “Infinitivo modo è quello, che ha fatto di se tempi, che per se stessi non dimostrano fine, né principio, né distintione alcuna, più di questo che di quello operante; né possono star giamai se non come sostenuti da altri Verbi, come dicendo amare, haver letto, dover mangiare, haver da scrivere, e ogni altra tale, che sono parlamenti tutti imperfetti in se stessi, e hanno sempre bisogno d’altri Verbi davanti, che gli sostegnano, come, Io voglio amare, Tu non puoi haver letto, Colui crede di dover mangiar meco, Egli fa d’haver à scrivere, e così di tutti.”
Girolamo Ruscelli, De’ Commentarii della lingua italiana (1581), 528: “Coloro, che più giudiciosamente hanno scritto dell’eloquentia così nella lingua Latina come nella Greca, e ancor in questa, hanno detto in sostanza, che in tre cose principali consista la perfettione d’un parlamento”.