Sermo: differenze tra le versioni

Da PRIN SIRE 2017 WIKI.
Jump to navigation Jump to search
(Creata pagina con "Pagina in costruzione")
 
Nessun oggetto della modifica
 
Riga 1: Riga 1:
Pagina in costruzione
Pagina in costruzione
La nozione di ''sermo'' attraversa l’intera tradizione grammaticale tardo-antica e medievale, evolvendo da semplice articolazione significativa a categoria teorica centrale nella grammatica speculativa dei Modisti. Gli studi moderni (Pinborg 1972; Law 1997) mostrano come questa trasformazione rispecchi la progressiva integrazione tra grammatica, logica e ontologia.
== '''1. Origini tardo-antiche''' ==
La riflessione sul ''sermo'' nasce nell’ambito della filosofia del linguaggio latina tardo-antica. Agostino definisce ''sermo'' come articolazione significativa razionale in ''De dialectica'' 5:<blockquote>'''“Sermo est oratio rationalis, sive vox significativa ad placitum”'''.</blockquote>In ''De doctrina christiana'' II,3 sviluppa la teoria del segno che farà da base alla linguistica medievale. Secondo Law (1997, pp. 22–31), è proprio l’interpretazione agostiniana del segno che permette in seguito di concepire il ''sermo'' come “struttura di significazione” e non come semplice evento fonico.
Isidoro di Siviglia, nella sistemazione enciclopedica delle ''Etymologiae'' (I,5; I,29), distingue ''vox'', ''locutio'' e ''sermo''. La formula isidoriana<blockquote>'''“sermo est ordinatio rationabilis”'''
diviene canonica nella grammatica altomedievale. Come osserva D’Ottavi (2017), questo lessico offre la prima base per una categorizzazione metalinguistica coerente del linguaggio.</blockquote>
== '''2. Distinzioni concettuali nell’alto Medioevo''' ==
=== '''2.1 ''sermo'' vs ''vox''''' ===
La distinzione isidoriano-agostiniana tra ''vox'' come suono articolato e ''sermo'' come articolazione significativa governata da ratio è ripresa da Beda, ''De schematibus et tropis''. Secondo Copeland (1991, pp. 44–52), questa distinzione crea lo spazio teorico per attribuire al ''sermo'' una dimensione cognitiva e strutturale.
=== '''2.2 ''sermo'' vs ''oratio''''' ===
L’''oratio'' è un’unità sintattica completa; il ''sermo'' è l’intero processo del significare. Alcuino (''De grammatica'') descrive il ''sermo'' come “oratio coniuncta secundum rationem”. Maron (1991) sottolinea che il ''sermo'' nel contesto carolingio diventa la categoria che media tra struttura e uso.
=== '''2.3 ''sermo'' vs ''lingua''''' ===
La ''lingua'' è un sistema storico-sociale, mentre il ''sermo'' è l’uso significante. Questo quadro prelude alla distinzione logica tra ''modi pronunciandi'' e ''modi significandi'', chiarita da Pinborg (1982).
== '''3. Tipologie di ''sermo''''' ==
Isidoro (Etym. I,29) distingue ''sermo urbanus'', ''rusticus'', ''peregrinus'', ''vulgaris''. Come mostra Contreni (1995), queste categorie funzionano non come descrizioni linguistiche nel senso moderno, ma come criteri culturali e normativi, ripresi nelle scuole carolingie (Alcuino, Rabano Mauro).
== '''4. Sermo come struttura significativa''' ==
=== '''4.1 Compositio vocum''' ===
I grammatici medievali interpretano il ''sermo'' come composizione ordinata di voci (''compositio vocum''). Secondo Rosier (1983), questa definizione diventa il punto di appoggio per la successiva concettualizzazione modista del linguaggio.
=== '''4.2 Manifestazione del pensiero''' ===
Nel pensiero scolastico il ''sermo'' è correlato alla ''propositio mentalis''. De Rijk (1962) mostra come già nei logici pre-modisti il ''sermo'' venga inteso come “manifestazione esterna” della composizione concettuale.
= '''5. Il ''sermo'' nella grammatica speculativa (XIII–XIV sec.)''' =
Gli studi di Pinborg (1972) e Rosier (1983) hanno mostrato come i Modisti riformulino ''sermo'' a partire da un impianto filosofico fondato sulla triade ''res – intellectus – sermo''.
== '''5.1 Triplice fondamento''' ==
Tommaso di Erfurt formula chiaramente il principio:<blockquote>'''“Modi essendi… modi intelligendi… modi significandi… constructionis sermonis.”'''
(''Gram. spec.'' I,2)</blockquote>Secondo Fredborg (1984), questa struttura rappresenta la saldatura tra ontologia e linguaggio, rendendo il ''sermo'' una superficie epistemologica.
== '''5.2 Sermo come oggetto della grammatica''' ==
Tommaso definisce la grammatica come:<blockquote>'''“scientia de sermone, prout sermo significat secundum modos significandi.”'''</blockquote>Come mostrato da Bursill-Hall (1971), la grammatica speculativa non si occupa della lingua storica ma della struttura universale del significare.
== '''5.3 Ordo sermonis''' ==
<blockquote>'''“Ordo sermonis consequitur ordinem rationis.”''' (''Gram. spec.'' I,6)</blockquote>Kneepkens (1988) dimostra che, in questo modello, l’ordine sintattico è motivato concettualmente, non empiricamente: il ''sermo'' è il luogo in cui si manifesta la gerarchia dei modi significandi.
== '''5.4 Dependens – terminans''' ==
Tommaso (II,1):<blockquote>'''“In omni constructione est aliquid quod dependet et aliquid quod terminat…”'''</blockquote>Questo schema sintattico, studiato da Pinborg (1972) e Rosier (1983), interpreta la struttura del ''sermo'' come una rete di dipendenze semantiche.
== '''5.5 Universalità''' ==
Tommaso (I,1):<blockquote>'''“Modi significandi sunt universales ad omnes linguas.”'''</blockquote>Questo enunciato è alla base di ciò che gli studiosi moderni considerano una forma medievale di grammatica universale ante litteram (Pinborg 1982).
== '''6. Brito e la semantica della proposizione''' ==
Radulphus Brito (''Quaestiones super Priscianum'') definisce:<blockquote>'''“Sermo est aggregatio signorum… per quam manifestatur compositio intellectus.”'''</blockquote>Secondo de Rijk (1962), questa formulazione mostra il passaggio dalla grammatica alla teoria del significato proposizionale.
== '''7. Tradizione tardomedievale e umanistica''' ==
Nel Quattrocento il termine ''sermo'' resta tecnico nei testi scolastici, mentre nella retorica riemergono le categorie patristiche di ''sermo humilis'' e ''sublimis''. Valla e Perotti ne riducono la portata teorica, preferendo ''oratio'' e ''locutio'' (Copeland 1991), pur mantenendo un legame residuo con la tradizione speculativ

Versione attuale delle 13:18, 21 nov 2025

Pagina in costruzione


La nozione di sermo attraversa l’intera tradizione grammaticale tardo-antica e medievale, evolvendo da semplice articolazione significativa a categoria teorica centrale nella grammatica speculativa dei Modisti. Gli studi moderni (Pinborg 1972; Law 1997) mostrano come questa trasformazione rispecchi la progressiva integrazione tra grammatica, logica e ontologia.

1. Origini tardo-antiche[modifica | modifica sorgente]

La riflessione sul sermo nasce nell’ambito della filosofia del linguaggio latina tardo-antica. Agostino definisce sermo come articolazione significativa razionale in De dialectica 5:

“Sermo est oratio rationalis, sive vox significativa ad placitum”.

In De doctrina christiana II,3 sviluppa la teoria del segno che farà da base alla linguistica medievale. Secondo Law (1997, pp. 22–31), è proprio l’interpretazione agostiniana del segno che permette in seguito di concepire il sermo come “struttura di significazione” e non come semplice evento fonico. Isidoro di Siviglia, nella sistemazione enciclopedica delle Etymologiae (I,5; I,29), distingue vox, locutio e sermo. La formula isidoriana

“sermo est ordinatio rationabilis” diviene canonica nella grammatica altomedievale. Come osserva D’Ottavi (2017), questo lessico offre la prima base per una categorizzazione metalinguistica coerente del linguaggio.

2. Distinzioni concettuali nell’alto Medioevo[modifica | modifica sorgente]

2.1 sermo vs vox[modifica | modifica sorgente]

La distinzione isidoriano-agostiniana tra vox come suono articolato e sermo come articolazione significativa governata da ratio è ripresa da Beda, De schematibus et tropis. Secondo Copeland (1991, pp. 44–52), questa distinzione crea lo spazio teorico per attribuire al sermo una dimensione cognitiva e strutturale.

2.2 sermo vs oratio[modifica | modifica sorgente]

L’oratio è un’unità sintattica completa; il sermo è l’intero processo del significare. Alcuino (De grammatica) descrive il sermo come “oratio coniuncta secundum rationem”. Maron (1991) sottolinea che il sermo nel contesto carolingio diventa la categoria che media tra struttura e uso.

2.3 sermo vs lingua[modifica | modifica sorgente]

La lingua è un sistema storico-sociale, mentre il sermo è l’uso significante. Questo quadro prelude alla distinzione logica tra modi pronunciandi e modi significandi, chiarita da Pinborg (1982).

3. Tipologie di sermo[modifica | modifica sorgente]

Isidoro (Etym. I,29) distingue sermo urbanus, rusticus, peregrinus, vulgaris. Come mostra Contreni (1995), queste categorie funzionano non come descrizioni linguistiche nel senso moderno, ma come criteri culturali e normativi, ripresi nelle scuole carolingie (Alcuino, Rabano Mauro).

4. Sermo come struttura significativa[modifica | modifica sorgente]

4.1 Compositio vocum[modifica | modifica sorgente]

I grammatici medievali interpretano il sermo come composizione ordinata di voci (compositio vocum). Secondo Rosier (1983), questa definizione diventa il punto di appoggio per la successiva concettualizzazione modista del linguaggio.

4.2 Manifestazione del pensiero[modifica | modifica sorgente]

Nel pensiero scolastico il sermo è correlato alla propositio mentalis. De Rijk (1962) mostra come già nei logici pre-modisti il sermo venga inteso come “manifestazione esterna” della composizione concettuale.

5. Il sermo nella grammatica speculativa (XIII–XIV sec.)[modifica | modifica sorgente]

Gli studi di Pinborg (1972) e Rosier (1983) hanno mostrato come i Modisti riformulino sermo a partire da un impianto filosofico fondato sulla triade res – intellectus – sermo.

5.1 Triplice fondamento[modifica | modifica sorgente]

Tommaso di Erfurt formula chiaramente il principio:

“Modi essendi… modi intelligendi… modi significandi… constructionis sermonis.” (Gram. spec. I,2)

Secondo Fredborg (1984), questa struttura rappresenta la saldatura tra ontologia e linguaggio, rendendo il sermo una superficie epistemologica.

5.2 Sermo come oggetto della grammatica[modifica | modifica sorgente]

Tommaso definisce la grammatica come:

“scientia de sermone, prout sermo significat secundum modos significandi.”

Come mostrato da Bursill-Hall (1971), la grammatica speculativa non si occupa della lingua storica ma della struttura universale del significare.

5.3 Ordo sermonis[modifica | modifica sorgente]

“Ordo sermonis consequitur ordinem rationis.” (Gram. spec. I,6)

Kneepkens (1988) dimostra che, in questo modello, l’ordine sintattico è motivato concettualmente, non empiricamente: il sermo è il luogo in cui si manifesta la gerarchia dei modi significandi.

5.4 Dependens – terminans[modifica | modifica sorgente]

Tommaso (II,1):

“In omni constructione est aliquid quod dependet et aliquid quod terminat…”

Questo schema sintattico, studiato da Pinborg (1972) e Rosier (1983), interpreta la struttura del sermo come una rete di dipendenze semantiche.

5.5 Universalità[modifica | modifica sorgente]

Tommaso (I,1):

“Modi significandi sunt universales ad omnes linguas.”

Questo enunciato è alla base di ciò che gli studiosi moderni considerano una forma medievale di grammatica universale ante litteram (Pinborg 1982).

6. Brito e la semantica della proposizione[modifica | modifica sorgente]

Radulphus Brito (Quaestiones super Priscianum) definisce:

“Sermo est aggregatio signorum… per quam manifestatur compositio intellectus.”

Secondo de Rijk (1962), questa formulazione mostra il passaggio dalla grammatica alla teoria del significato proposizionale.

7. Tradizione tardomedievale e umanistica[modifica | modifica sorgente]

Nel Quattrocento il termine sermo resta tecnico nei testi scolastici, mentre nella retorica riemergono le categorie patristiche di sermo humilis e sublimis. Valla e Perotti ne riducono la portata teorica, preferendo oratio e locutio (Copeland 1991), pur mantenendo un legame residuo con la tradizione speculativ