Declinatio: differenze tra le versioni

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== '''1. Origini''' ==
=== '''1.1 Etimologia''' ===
Il termine deriva da ''declinare'', “piegare”, e indica la “flessione” delle forme rispetto al ''nomen rectum''. Rosier (1983) osserva che questa metafora (“inclinare la parola rispetto alla sua base”) diventa centrale per la tradizione scolastica.
=== '''1.2 Grammatica latina classica''' ===
Prisciano definisce la declinatio come variazione morfologica in ''Institutiones grammaticae'' II,14:<blockquote>'''“Declinatio est variatio nominis secundum genera, numeros et casus.”'''</blockquote>Secondo Bursill-Hall (1971: 18-26), questa formulazione diventa il fondamento di tutte le grammatiche medievali. Donato distingue ''declinatio naturalis'' da ''declinatio casuum'', distinzione che sarà decisiva per la prassi didattica altomedievale.
== '''2. La declinatio nella tradizione altomedievale''' ==
=== '''2.1 Declinatio recta e obliqua''' ===
La coppia ''casus rectus'' / ''casus obliqui'' viene stabilizzata nella scuola carolingia. Come nota Maron (1991, pp. 89–97), la distinzione non è puramente formale: introduce una gerarchia funzionale interna alla frase.
=== '''2.2 Declinatio e sintassi''' ===
Nella tradizione di Alcuino e Rabano Mauro, la declinazione è correlata alla funzione dei casi nel ''sermo''. Contreni (1995) mostra che i manuali carolingi interpretano la declinazione come riflesso morfologico dei ruoli sintattici, non come semplice elenco di forme.
== '''3. Strutturazione priscianea''' ==
=== '''3.1 Sistematizzazione scolastica''' ===
I commentatori medievali di Prisciano stabiliscono:
* cinque declinazioni nominali;
* distinzione tra forme regolari e anomale;
* analisi dei ''defectiva'' e delle variazioni flessionali.
Questa sistematizzazione, secondo Barney et al. (2006), diventa la piattaforma dell’insegnamento grammaticale per oltre sette secoli.
=== '''3.2 Intentiones''' ===
La distinzione tra ''primae intentiones'' (forme) e ''secundae intentiones'' (categorie grammaticali) viene associata alla declinazione dai logici pre-modisti. De Rijk (1962) ne ricostruisce l’uso nei commenti priscianei delle scuole parigine del XII secolo.
= '''4. Declinatio nella grammatica speculativa''' =
La grammatica speculativa (XIII–XIV sec.) rilegge la declinazione alla luce della teoria dei ''modi significandi''.
== '''4.1 Modisti e modi significandi''' ==
Secondo Pinborg (1972) e Rosier (1983), la declinazione diventa la manifestazione morfologica del modo in cui il nome partecipa alla costruzione del ''sermo''. Tommaso di Erfurt collega i ''modi essendi'' della res ai ''modi intelligendi'' e quindi ai ''modi significandi'', che determinano la forma declinata.
== '''4.2 Caso e dipendenza sintattica''' ==
Kneepkens (1988) mostra che la declinatio è interpretata come lo strato formale che esprime le relazioni ''dependens – terminans''. La flessione nominale rappresenta la posizione sintattica dell’elemento nella gerarchia concettuale del ''sermo''.
== '''4.3 Universalità''' ==
Pinborg (1982) considera la declinazione, nel sistema modista, una prova della tesi che gli universali grammaticali derivino da principi ontologici: le lingue mutano nei “modi pronunciandi”, ma non nella struttura profonda della declinazione come modo di significare.
= '''5. Tipologie medievali di declinatio''' =
Le grammatiche scolastiche introducono categorie descrittive aggiuntive:
* ''declinatio regularis / irregularis'';
* ''plena / defectiva'';
* ''naturalis'' (genere/numero) vs ''casuum''.
Secondo Law (1997), ciò risponde alla necessità di classificare sistematicamente le irregolarità del latino tardo.
= '''6. Declinatio nelle grammatiche umanistiche''' =
Nel Quattrocento, Valla e Perotti mantengono la struttura delle cinque declinazioni, ma spostano l’accento dall’ontologia modista alla filologia del latino classico. Copeland (1991) nota che il termine ''declinatio'' rimane formale e descrittivo, perdendo progressivamente la profondità teorica acquisita tra XIII e XIV secol

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1. Origini[modifica | modifica sorgente]

1.1 Etimologia[modifica | modifica sorgente]

Il termine deriva da declinare, “piegare”, e indica la “flessione” delle forme rispetto al nomen rectum. Rosier (1983) osserva che questa metafora (“inclinare la parola rispetto alla sua base”) diventa centrale per la tradizione scolastica.

1.2 Grammatica latina classica[modifica | modifica sorgente]

Prisciano definisce la declinatio come variazione morfologica in Institutiones grammaticae II,14:

“Declinatio est variatio nominis secundum genera, numeros et casus.”

Secondo Bursill-Hall (1971: 18-26), questa formulazione diventa il fondamento di tutte le grammatiche medievali. Donato distingue declinatio naturalis da declinatio casuum, distinzione che sarà decisiva per la prassi didattica altomedievale.

2. La declinatio nella tradizione altomedievale[modifica | modifica sorgente]

2.1 Declinatio recta e obliqua[modifica | modifica sorgente]

La coppia casus rectus / casus obliqui viene stabilizzata nella scuola carolingia. Come nota Maron (1991, pp. 89–97), la distinzione non è puramente formale: introduce una gerarchia funzionale interna alla frase.

2.2 Declinatio e sintassi[modifica | modifica sorgente]

Nella tradizione di Alcuino e Rabano Mauro, la declinazione è correlata alla funzione dei casi nel sermo. Contreni (1995) mostra che i manuali carolingi interpretano la declinazione come riflesso morfologico dei ruoli sintattici, non come semplice elenco di forme.

3. Strutturazione priscianea[modifica | modifica sorgente]

3.1 Sistematizzazione scolastica[modifica | modifica sorgente]

I commentatori medievali di Prisciano stabiliscono:

  • cinque declinazioni nominali;
  • distinzione tra forme regolari e anomale;
  • analisi dei defectiva e delle variazioni flessionali.

Questa sistematizzazione, secondo Barney et al. (2006), diventa la piattaforma dell’insegnamento grammaticale per oltre sette secoli.

3.2 Intentiones[modifica | modifica sorgente]

La distinzione tra primae intentiones (forme) e secundae intentiones (categorie grammaticali) viene associata alla declinazione dai logici pre-modisti. De Rijk (1962) ne ricostruisce l’uso nei commenti priscianei delle scuole parigine del XII secolo.

4. Declinatio nella grammatica speculativa[modifica | modifica sorgente]

La grammatica speculativa (XIII–XIV sec.) rilegge la declinazione alla luce della teoria dei modi significandi.

4.1 Modisti e modi significandi[modifica | modifica sorgente]

Secondo Pinborg (1972) e Rosier (1983), la declinazione diventa la manifestazione morfologica del modo in cui il nome partecipa alla costruzione del sermo. Tommaso di Erfurt collega i modi essendi della res ai modi intelligendi e quindi ai modi significandi, che determinano la forma declinata.

4.2 Caso e dipendenza sintattica[modifica | modifica sorgente]

Kneepkens (1988) mostra che la declinatio è interpretata come lo strato formale che esprime le relazioni dependens – terminans. La flessione nominale rappresenta la posizione sintattica dell’elemento nella gerarchia concettuale del sermo.

4.3 Universalità[modifica | modifica sorgente]

Pinborg (1982) considera la declinazione, nel sistema modista, una prova della tesi che gli universali grammaticali derivino da principi ontologici: le lingue mutano nei “modi pronunciandi”, ma non nella struttura profonda della declinazione come modo di significare.

5. Tipologie medievali di declinatio[modifica | modifica sorgente]

Le grammatiche scolastiche introducono categorie descrittive aggiuntive:

  • declinatio regularis / irregularis;
  • plena / defectiva;
  • naturalis (genere/numero) vs casuum.

Secondo Law (1997), ciò risponde alla necessità di classificare sistematicamente le irregolarità del latino tardo.

6. Declinatio nelle grammatiche umanistiche[modifica | modifica sorgente]

Nel Quattrocento, Valla e Perotti mantengono la struttura delle cinque declinazioni, ma spostano l’accento dall’ontologia modista alla filologia del latino classico. Copeland (1991) nota che il termine declinatio rimane formale e descrittivo, perdendo progressivamente la profondità teorica acquisita tra XIII e XIV secol